I talent show: gabbia dorata o vera opportunità?
“X Factor”, “Amici di Maria De Filippi”, “The Voice Of Italy”: buona parte del palinsesto televisivo italiano è costituito da talent show, in particolare canori.
Proprio in quest’ultimo periodo, a quanto pare, tutte le potenze televisive italiane (Rai, Mediaset e Sky) si stanno preparando come ogni anno per combattere al meglio la guerra in fatto di talent show.
Notizia recente sono ad esempio i nomi dei giudici che guideranno i concorrenti dell’edizione del 2019 di “The Voice Of Italy”, il talent show canoro targato Rai2 che dovrebbe prendere il via il 16 aprile.
I coach saranno Gigi D’Alessio, Morgan, Elettra Lamborghini e Gué Pequeno, mentre la conduzione sarà affidata a Simona Ventura.
Conferme arrivano anche da “Amici di Maria De Filippi”, il talent show di casa Mediaset che ogni anno riesce a conquistare ascolti da record.
Ricky Martin sarà uno dei due coach che guideranno gli alunni della “scuola” di canto e ballo più famosa del piccolo schermo italiano.
Proprio in questi giorni, poi, è stato rinnovato il contratto tra Sky Italia e Freemantle Italy, casa produttrice di “X Factor”, e il talent andrà in onda ancora per almeno altri quattro anni, fino 2022.
Ma quanto sono effettivamente utili tutti questi programmi? Formano davvero artisti competenti e in grado di resistere all’interno del mondo dello spettacolo, oppure sono solo macchine potentissime per cercare di accalappiare quanti più spettatori possibile?
Effettivamente, molti dei vincitori delle ultime edizioni di questi talent sono già caduti nel dimenticatoio, mentre le polemiche e gli scontri tra i giudici/coach sembrano avere una data di scadenza più lunga dei concorrenti stessi.
Salvo qualche caso raro, inoltre, i ragazzi partecipanti sono estremamente giovani, a volte persino minorenni.
Nel giro di pochi mesi questi giovani si trovano catapultati dalla propria cameretta a palchi in diretta nazionale, a combattere contro altri ragazzi sperduti quanto loro, vittime di logiche televisive e di spettacolo.
Quanto può effettivamente servire tutto ciò alla maturazione artistica di un giovane?
È poi ridicolo sentire chiamare “artista” un ragazzo solo perché vincitore di un talent e vederlo magari anche partecipare a “Sanremo” tra i big, quelli veri, con anni di esperienza, successi e fallimenti alle spalle.
Che fine ha fatto la tanto famosa e celebrata gavetta, che si occupava di fare una sorta di selezione naturale tra chi era effettivamente talentuoso e chi no?
Oggi sembra che tutti possano essere “artisti” in qualche misura, come se a tutti spettasse il proprio quarto d’ora di popolarità, anche se spesso immeritata.
Sicuramente dai talent escono anche ragazzi promettenti, ai quali viene data la possibilità di farsi notare e di raggiungere più in fretta il successo.
Ma siamo davvero sicuri che per avere questi pochi valga la pena di sorbirsi tutti gli altri?
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